lunedì 21 febbraio 2022

I DUE TESTIMONI


         Nell’apocalisse, nel capitolo undici, vengono introdotti nella specificazione della misurazione del santuario di Dio, dell'altare e del numero di quelli che vi stavano adorando, due testimoni, di cui, sconosciamo totalmente chi potrebbero essere questi personaggi. Sebbene, molto tempo si è adoperato costruendo diverse interpretazioni e confrontandoli con i fatti biblici, non si è riusciti a sapere chi fossero. Non possiamo, allora, che fare un altro tentativo coordinando tutte le ipotesi vagliate e cercare, con l’aiuto del Signore, di trovare una possibile spiegazione che ci permetta di individuarli o per lo meno avvicinarci al vero. Incominciamo a considerare che i due personaggi, per essere chiamati testimoni, abbiano visto o assistito ad un fatto importante durante il ministero di Gesù, considerando anche che la narrazione dell‘Apocalisse è collegata a Gesù. In riguardo al valore del significato di testimone è stato detto che affinché un fatto sia verace devono esserci due o tre testimoni.  Matteo 18:16 … se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Come prova di testimonianza divinamente valida si consideri Matteo 17:9 E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: Non parlate a nessuno di questa visione. Il fatto che Gesù disse loro di non parlare della visione evidenzia che Mosè ed Elia furono testimoni validi e indiscussi della dichiarazione espressa da Dio, Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo. Per affermare l’ipotesi che essi potrebbero essere i testimoni, abbiamo bisogno delle prove o per lo meno degli indizi che ci convincano quasi rigorosamente che potrebbero essere loro. Consideriamo il verso Apocalisse 11: 6 Essi hanno il potere di chiudere il cielo, perché non cada pioggia nei giorni del loro ministero profetico. Questa espressione prova una tangente similitudine del potere che Dio diede a suo tempo ad Elia, essendo che, i poteri descritti collimano con quelli descritti nella Apocalisse: 2 Re 1:10 Elia rispose al capo della cinquantina: Se sono uomo di Dio, scenda il fuoco dal cielo e divori te e i tuoi cinquanta. Scese un fuoco dal cielo e divorò quello con i suoi cinquanta. Il potere di chiudere o aprire il cielo, potrebbe essere attribuito facilmente ad Elia, mentre considerando le parole in Apocalisse 11:6 Essi hanno anche potere di cambiar l'acqua in sangue e di colpire la terra con ogni sorta di flagelli tutte le volte che lo vorranno. Questo potere, anch’esso, può essere attribuito a Mosè in riguardo alle piaghe fatte avvenire contro il faraone. Queste due virtù, essendo riferibili ai due testimoni, si suppone che ambedue potessero esercitare scambievolmente, poiché, essi andranno in coppia. La convinzione che potrebbero essere Mosè ed Elia, sta nel fatto che, se Dio li ha chiamati per essere testimoni nel dialogo con Gesù, essi saranno chiamati sulla terra per la continuazione ed il completamento degli eventi apocalittici come testimoni, sia perché rimarcheranno i loro poteri sulla terra sia perché l’uomo riconosca che Dio è il Dio dei vivi. Il motivo perché Dio non ha rivelato i nomi dei due testimoni nell’Apocalisse è perché già li conosciamo. La Scrittura ci pone di fronte a questo mistero dei due testimoni per saggiare se veramente l’uomo intravede il piano di Dio. Quindi, possiamo dire che questi testimoni, sono saliti in cielo e sono scesi per avallare il riconoscimento di Gesù fatto sul monte della trasfigurazione e saliranno in cielo martiri dopo tre giorni per concomitanza del sacrificio di Gesù sulla croce ai fini del raggiungimento della vittoria di Cristo: Apocalisse 11:11 Ma dopo tre giorni e mezzo, Apocalisse 11:12 Allora udirono un grido possente dal cielo: «Salite quassù» e salirono al cielo in una nube sotto gli sguardi dei loro nemici. La nube sarà del tipo di quella che avevano visto nel monte della trasfigurazione, ove, Dio parlò con voce possente.

Pace e fede nel Signore

 

sabato 19 febbraio 2022

LA GLORIA CHE AVEVO PRESSO DI TE

 

         Sono misteriose le parole di Gesù in conformità di uno sfondo di preghiera che mostra la straordinaria relazione famigliare con Dio Padre.  E’ in questa preghiera che scopriamo, in parte, Gesù uomo e Gesù Parola.  Le sue espressioni sono strettamente legate al rapporto della personalità divina della Parola fusa nella persona di Gesù, uomo. Giovanni 17:2 Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Dio ha dato potere sulla terra a Gesù, nello stesso istante dal primo vagito di vita, ove, Gesù fu infuso dalla Parola fatta carne. Così, Gesù riconosce e sente nel suo intimo di essere Figlio di Dio e straordinariamente ode la Parola che lo guida. Per questo, spesso, in certi discorsi Gesù usa il plurale, noi. E lo ricordiamo, per esempio, quando parla con Nicodemo. Ma come è possibile che Gesù, possa avere dentro di se lo Spirito della Parola e misteriosamente lo Spirito di Dio, pur essendo che Dio, secondo quando si apprende, sta sempre nel suo Trono. Ricordando che Gesù non conosce l’ultimo giorno ma lo sa solo Dio, se ne deduce che Gesù dovrebbe avere ricevuto solamente parte dello Spirito di Dio. Qualcuno a questo si chiede, essendoci in Gesù la Parola, seconda Persona della Trinità, non avrebbe potuto sapere dell’ultimo giorno? La risposta, riteniamo che sia, no, per il fatto che, se consideriamo la parola in termini umani, essa sarebbe la bocca che parla se il cervello trasmette, cioè, sarebbe come uno strumento che proclama il pensiero di Dio, quindi, per questa ipotesi, Gesù, non può sapere l’ultimo giorno.  Giovanni 17:5 E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse. E’ chiaro che qui Gesù uomo parla personalizzato nella Parola, cioè, di quella doppia parola noi, usa quella della seconda Parola della Trinità, essendo che, il colloquio è diretto con Dio Padre. Tutto il discorso, cioè, la preghiera prende corpo dalla bocca di Gesù uomo e dalla voce della Parola. Consideriamo, ora, la frase seguente: Giovanni 17:8 perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Qui è Gesù uomo che parla che dichiara specificatamente che ha ricevuto le parole da Dio, quindi, dalla Parola che, come li ha ricevute, così li ha trasmessi agli apostoli, ai discepoli e a tutti. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi abbia mandato. Uscito da te, vale a dire, che Gesù fu annunziato a Maria come nascita del Figlio di Dio. Ecco perché Gesù è unico in assoluto, divino sulla terra con poteri di scacciare anche i demoni infusi nell’essere dell’uomo. Essi hanno paura di Lui e gli ubbidiscono perché sottomessi. Giovanni 17:13 Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Attenzione, la parola io vengo te, non significa che io parlo a te, ma vuol dire movimento, cioè, Gesù va dal Padre. Infatti, è sottointeso il momento della resurrezione. Gesù sa di oltrepassare la morte sulla croce e che al terzo giorno Dio lo risusciterà. E’ molto difficile, capire come Gesù possa essere contemporaneamente Uomo e Parola, infatti, Gesù dice che se non credete alle mie parole, credete ai miracoli che faccio per mezzo della potenza del Padre mio. Ricordandoci, che la terra è lo scannello di Dio e che Gesù è risorto e ritornerà consideriamo le cose divine oltre il confine del potere umano che Dio non ci lascerà soli in questo pianeta che sembra correre senza meta e senza età, ma che contiene il segreto del ministero del Creatore.

Pace e fede nel Signore     

 

 

 

giovedì 10 febbraio 2022

CON LA FACCIA A TERRA

 

         Nessuno si metterebbe a faccia a terra per pregare il Signore perché sconveniente o per non sembrare un esagerato esibizionista. Eppure, per ricevere i sacramenti il novizio si butta, con tutta umiltà, davanti al sacerdote di alto rango.   Per il fatto che questo modo di buttarsi faccia a terra, non si ripeta nei culti celebrati a Dio, non si capisce se quel momento sacrale dell’ordinazione presbiterale nel rito del novizio si faccia per Dio o per gli uomini. Inequivocabile ed encomiabile è invece il buttarsi a terra di Gesù nel momento, in cui, prega Dio Padre.  Su questo modo di pregare di Gesù, sommesso e umile, lascia aperte delle domande del perché, il Figlio di Dio si butti a terra per pregare, essendo che, apprendiamo dalle Scritture che nemmeno avrebbe dovuto inginocchiarsi e nemmeno pregare essendo Gesù, Figlio di Dio.  E’ allora da chiedersi, Gesù, lo ha fatto per Dio o per gli uomini? Questo è un problema. Preghiamo il Signore che ci dia la comprensione di vedere oltre la realtà ed immergerci nel trascendentale, per capire il significato del perché Gesù si sia buttato a faccia a terra. Su questa attitudine si apre un tentativo interpretativo non del tutto facile in riguardo l’esistenza del divino in Gesù e come esso lavora. In riferimento a ciò, si argomenta, se è la Parola incarnata che prega Dio o è Gesù uomo? Diciamo che la Parola, come seconda persona di Dio, rivela a Gesù tutto ciò che riguarda la volontà di Dio Padre, mentre i fatti materiali che Gesù compie, compreso la preghiera con il buttarsi a terra dipendono dalla umiltà di Gesù, Figlio di Dio, perché è anche l’umile di cuore e il buon Maestro. Facendo riferimento a noi stessi, il rapporto con Dio è differente perché siamo sua creatura. Il buttarsi a terra, nella preghiera cerimoniale a Dio, per noi deve essere volontario e compiacente. Così nel momento del nostro bisogno, Dio sarà presente: Marco 13:11 E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi di ciò che dovrete dire, ma dite ciò che in quell'ora vi sarà dato: poiché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. In riguardo alla preghiera di Gesù con la faccia a terra, oltre ad abbassarsi umilmente a Dio, vuole trasmettere all’uomo il modo come pregare Dio nel momento di adorarlo e nella richiesta dei bisogni della nostra vita. Tuttavia, l’uomo sembra non fare caso e considera non doveroso il buttarsi a terra per pregare Dio, lasciando solo l’obbligo di pregare con la bocca. Detto questo, ci accorgiamo che se Gesù si è buttato a terra per pregare il Padre, osserva strettamente le regole del rispetto e della sottomissione al Padre, diverso da noi, che col nostro comportamento mostriamo di essere senza Padre. Non è cosa strana quello di pregare con la faccia a terra, essendo che altri lo fanno, mostrando umiltà e sottomissione a Dio. La faccia a terra mostra l’estrema umiltà e bisogno di Dio. E’ in quell’atteggiamento che l’uomo chiede a Dio, perdono e misericordia. L’atteggiamento del buttarsi a terra di Gesù ci fa anche riflettere ad una similitudine sul fatto che Gesù appena nato, fu accolto dal luogo più umile della terra e alla fine del suo soggiorno sembra porsi a terra per un arrivederci quando la governerà in gloria. Se ci dovessimo porre a terra per lodare Dio, dovremmo ringraziarlo anche per la terra che ci dà il frutto ma soprattutto per la vita.  

Pace e fede nel Signore