sabato 1 dicembre 2018

SULLA MORTE DI PIETRO


         Dopo che Gesù fu risuscitato dai morti, si unì con i suoi apostoli nel momento in cui essi stavano consumando la colazione. Al termine, fece una domanda specifica a Pietro e gli disse. Mi ami più di questi? A questa domanda Pietro si meravigliò e fu confuso per la natura personale della domanda e per la comparazione del suo amore verso Gesù, se fosse stato più degli altri. Angosciato di essere stato esposto, a motivo del suo amore, a confronto con gli altri apostoli, rispose in modo sottomesso: Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene. Tuttavia, se la domanda di Gesù, sembrò essere strana, in effetti non lo fu. Infatti, essendo che il tempo della dipartita si avvicinava, Gesù volle confermare se la sua scelta su Pietro, come guida, fosse stata idonea anche per affrontare il sacrificio, che immancabilmente sarebbe scaduto su ciascuno degli apostoli. Quella domanda fu la base su cui si sarebbe fondata la missione di Pietro, come guida per gli apostoli e per la chiesa.  A quella risposta, Gesù gli comunica il compito arduo di pascere i suoi agnelli.  Se da un lato Pietro si sentì qualificato per la richiesta del Maestro, fu di nuovo sorpreso per la ripetizione della stessa. E questa volta sentitosi incalzato, rispose: Signore tu sai che ti voglio bene. Ecco che Pietro entra in panico e non sa se intendere quelle domande come elogio o come rimprovero.  Ma quando Gesù ripeté la stessa domanda, Pietro fu rattristato che gli avesse detto per la terza volta: Mi vuoi bene? Così, egli rispose: Signore, tu sai ogni cosa; tu conosci che ti voglio bene. Pietro adesso intuisce che le domande rivoltogli non erano più di elogio o di rimprovero ma che Gesù sembrava volere confermare qualcosa di più importante dal pretendere la fiducia di Pietro, considerando, nel caso, il riferimento all’arresto di Gesù, quando cantò il gallo per la seconda volta e Petro lo tradì. Ma quale motivo vi era nascosto in quelle domande oltre a quella di escogitare la fiducia di Pietro? Giovanni 21:19 Gesù, Disse questo per indicare con quale morte avrebbe glorificato Dio. Nel contesto, l’esempio che Gesù espone del giovane e dell’anziano, apre un significato che se apparentemente sembra disgiunto, esso è strettamente legato alla morte di Pietro. Il paragone del giovane Pietro che si cingeva da solo e andava dove voleva e nella sua vecchia, avrebbe steso le sue mani affinché un altro lo avrebbe cinto e lo avrebbe condotto dove non avrebbe voluto, sta a significare proprio che se durante la predicazione del vangelo di Gesù, Pietro sarebbe andato in giro per il mondo senza che qualcuno lo avrebbe cinto, al momento dell’approssimarsi della sua morte, egli sarebbe stato coinvolto dalla fede profonda in Gesù ed essa lo avrebbe cinto e guidato come il giovane conduce il vecchio. Che non fosse stato più lui capace di muoversi ove avrebbe voluto ma che la fede in Gesù, lo avrebbe condotto direttamente e senza titubanza verso il sacrificio per onorare Dio.  Giovanni 21:19 Disse questo per indicare con quale morte avrebbe glorificato Dio. Già una volta Petro glorificò Dio Matteo 16:16 Simon Pietro rispose: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Ma ora Pietro, divenuto guida della chiesa, ne diviene anche colonna di fede rispecchiando assieme tutto il carattere umano presentato alla grazia di Dio. Egli, ora con i suoi errori ora con la sua fermezza di fede, resta l’apostolo che più degli altri ha dialogato con Gesù esperimento e mostrando tutti i segreti del carattere umano. Così, Gesù lo ha apprezzato e lo ha onorato alla dignità di esserlo anche difronte a Dio. 
Pace e fede nel Signore   

Aforismi di g.d.

Pietro: Pietro nel mostrare il suo carattere umano pur rimane l’apostolo meritevole di onorare Dio. 
Mi ami: la domanda mi ami più degli altri è rivolta anche a noi, per cui, ognuno si deve sentire di amare Gesù più degli altri.
Essere pronti: dobbiamo essere pronti a ricevere la domanda simile a quella di Pietro, e prontamente rispondere a Gesù, si ti amo più degli altri. Certo, che lo Spirito Santo ci aiuterà a confermarlo.

martedì 6 novembre 2018

FINO AL TERZO CIELO


            Il cielo può essere considerato come una grandezza immateriale ma visibile ove lo sguardo non riesce a identificare alcuna cosa, oppure, può essere inteso come spazio capace di far fluttuare nel suo interno corpi di qualsiasi grandezza, di natura visibile e invisibile. Il cielo a cui ci riferiamo, è diverso da questi sommariamente definiti, poiché, esso appartiene ad uno stato etero cosmico, vale a dire a un appariscente universo che si oscula e si per oscula nella materia, influenzando la composizione e l’esistenza che vive in esso. Il corpo umano, divenuto incorruttibile, per volontà di Dio, può muoversi senza limitazioni di tempo nel suo ambito. Se Paolo ha avuto l’esperienza, unica nel suo genere, di essere stato trasportato, in modo strabiliante, dal primo al secondo cielo fino al terzo e Paolo, nel determinare la sua condizione non ha saputo dire se fosse stato col corpo o fuori dal corpo, indica l’esistenza di una complessità di natura di quel cielo totalmente diversa da quella che chiamiamo spazio universale. Esso sarebbe l’universo trascendentale che per fede immaginiamo e che nel suo interno la materia, cioè l’uomo, possa muoversi secondo altre leggi appartenenti al divino. Nel nostro caso crediamo che Paolo sia stato assunto in spirito, cioè la natura che era dentro il suo corpo, si pensi all’anima, è stata elevata in cielo, mentre il suo corpo sia rimasto giacente in terra. Tuttavia, ciò, non da una prospettiva di riferimento, essendo che l’esistenza della dimensione trascendentale rimane d’essere un mistero. Certo è, che l’uomo, avendo avuto questa facoltà di vedere e sentire cose ineffabili è ritornato sulla terra in circostanze traumatiche che, oltre a non sapere spiegare come egli sia salito non è stato capace nemmeno di raccontare le cose che ha viste.  2 Corinzi 12:2 Conosco un uomo in Cristo che quattordici anni fa (se fu con il corpo non so, se fu senza il corpo non so, Dio lo sa) fu rapito fino al terzo cielo. La prima cosa da osservare è che quando Paolo dice di essere stato rapito, ciò, non significa che è stato sottratto con forza al cielo ma che il suo corpo è stato predisposto per la trasportazione in modo sublime da non accorgersene, infatti, egli non seppe dire se fosse stato col corpo o fuori dal corpo. Tale avvenimento ha provocato in lui una meraviglia superiore a quella che può sopportare una emozione umana che, avendogli suscitato una enorme gioia, la sua mente ha perso la capacità di memorizzare nell’archivio della sua mente le notizie ricevute, ma solo ebbe confusi ricordi indescrivibili. Per il fatto che Paolo ha visto e sentito cose ineffabili, indirettamente ci dice che egli non ha visto Dio, in persona, altrimenti lo avrebbe detto. Allo stato delle cose, si desume che non è stato nel cielo altissimo ove risiede Dio e Gesù, ma in un diverso luogo inferiore. La sua condizione psicofisica è stata influenzata in modo così rilevante che egli non poté spiegare neanche la più semplice prova visiva né strutturale divina, ma solo riferire di essere stato nel terzo cielo, col corpo o fuori dal corpo. Certa è stata la prova del muoversi rapidamente da un luogo all’altro nei cieli di Dio. Apocalisse 4:1 Dopo queste cose, ………. Sali quassù e ti mostrerò le cose che devono avvenire dopo queste. Lo spostarsi tra un cielo all’altro è condizione abituale, essendo che lo spirito si muove ove egli vuole sia nella dimensione del Regno di Dio sia nel mondo in cui viviamo. Da quanto detto, il nostro pensiero ci porta a concludere che il Regno di Dio non dovrebbe essere molto lontano da noi, per il fatto che è detto, che la terra è lo scannello dei suoi piedi. Tuttavia, non possiamo ipotizzare quanto sia la sua vicinanza, essendo che, nel cap. 14:3 di Giovanni dice: Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi. Pur rimanendo un mistero, quale sia la nostra futura dimora, resta la sicurezza della realtà divina. Certo è che alla fine, avremo un solo Dio e un solo Gesù assisi nei Troni.  Apocalisse 22: 3 …. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello.
Pace e fede nel Signore

lunedì 1 ottobre 2018

IL TEMPO DELL'ETERNO


         Se non ci fosse la necessità di misurare il tempo, vivremmo, in una realtà diversa, ma che comunque sarebbe sottoposta a una grandezza finita, essendo che, Dio ha formato il creato facendolo dipendere dal tempo. Tuttavia, l’uomo, conoscendo che Dio gli ha promesso l’eterno, cerca in anticipo in questa dimensione, l’esistenza dell’eternità. Un modo, in cui è possibile interpretarla lo offre il fatto che se poggiamo un corpo su una superficie sferica, non sappiamo dove stia l’origine o la fine. Questo esempio è suggerito dal fatto che Dio, avendo creato i corpi celesti sferici, si ipotizza che dovrebbe esserci un collegamento tra la sfera come struttura e l’eterno come tempo, poiché, la loro composizione non è stata fatta da una mente finita ma da quella infinita di Dio. Tuttavia, si arriva alla conclusione opposta, dicendo che, pur avendo la terra forma sferica non mostra un collegamento con l’eternità, poiché, tutto avrà una fine. Su questi presupposti esaminiamo cosa significa la parola nel principio. La prima considerazione da fare è quella che il principio dichiarato nel primo verso della Genesi, non è l’inizio zero che soddisfa il principio della esistenza di Dio e il principio della creazione, cioè l’ipotesi che sia Dio e sia la creazione sarebbero apparsi nello stesso momento.  Per comprendere la differenza, bisogna considerare il principio vero descritto in Giovanni 1:1 Nel principio era la Parola e la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio. Questo verso ci rivela il momento in cui è stato generato il Verbo. In senso cronologico, nel principio era la Parola e dopo era appo Dio. Ciò dimostra che Dio, era già prima della Parola. Si immagini, nel senso figurativo, che il Verbo sia la bocca di Dio e che si possano sdoppiare come identità divine come lo furono, in questa terra, Mosè e Aronne. Gesù, insieme allo Spirito Santo si sovrappongono a Dio, formando una sola Persona, identificata con lo Spirito Santo come “Trinità”.  Da questo, si deduce che il principio dichiarato nel primo verso della Genesi è solo il principio della creazione e si riferisce quando Dio, si pose in azione trasmettendo alla Parola il suo pensiero di creare tutte le cose. Nella Genesi leggiamo il verso, facciamo l’uomo, questa frase che ci dà un indizio della pluralità di dii che discutono ma che, in effetti è Dio nella sua forma trina e che, come il cervello, comandò alla bocca di formare il creato. Infatti, la bocca non sa cosa dire se il cervello non trasmette. Marco 13:32 Ma quanto a quel giorno e a quell'ora, nessuno li conosce, né gli angeli nel cielo, né il Figlio, ma solo il Padre. Il principio che parla Giovanni 1:1, è il principio in assoluto, ove Dio genera parte di se stesso per iniziare il suo progetto evolutivo.     In riguardo al creato, che è una sottospecie dell’eternità, Dio ha posto ad esso un termine. Matteo 13:40 Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Cioè, il mondo, come la pula, sarà bruciato. Quindi, se la zizania sarà disintegrata, lo sarà anche il mondo? Il tempo sarà considerato come un vecchio libro che pian piano diventerà polvere. Come identificare l’origine d’una sfera, non sapremo scoprire dove è stato il principio della nostra esistenza. In riguardo all’eterno, non sappiamo determinarlo poiché la nostra mente finita non può immaginare l’infinito. Tuttavia, il pensiero ha la facoltà di immaginarlo ma non quello di investigarlo, essendo che l’uomo concreta le cose con un inizio e una fine e può usare il metro, ma non può mai scrutare lo spirito.  
Pace e fede nel Signore