sabato 14 gennaio 2017

L'ULTIMO GIORNO




Sapendo che il tempo è una grandezza importante, ci si chiede che scopo esso abbia nell’universo e se è soggetto a un termine. Da questi presupposti, la fine del tempo dichiarato da Gesù, si riferisce a quello universale o a quello terrestre? Usando il nostro tempo, come unità di misura, riusciamo a conoscere i tempi degli astri e persino dell’universo.  Da questo possiamo affermare che, Dio controlla i tempi dei movimenti dei corpi celesti e la loro vita temporale. Tuttavia rimane da ipotizzare come può essere considerato il rapporto tra lo stato eterno, ove Dio sta e il tempo dell’universo.  Supponiamo che sulla terra vi sia un tempo t1 e su Marte t2 e su Saturno t3 …ecc. La somma dei tempi sarebbe T= t1+t2+t3 .......+tn, ove T conterrebbe il totale dei tempi di tutti i corpi. L'universo sarebbe soggetto al tempo T, che si sta espandendo fino a raggiungere un tempo massimo TZ, essendo partito dall'istante TA. Se il tempo opera nell'universo da A a Z e, a quanto affermato dagli scienziati, andrà, da Z a A, questo periodo pendolare universale, comunque, non esiste nel regno di Dio, poiché, il tempo è zero, essendo che l’esistenza è immutabile, cioè, l’eterno. Giovanni 8:23  Ed egli disse loro: Voi siete da basso, io son da alto; voi siete di questo mondo, io non son di questo mondo.
Da quest’affermazione, s’ipotizza che il regno eterno, potrebbe essere fuori dall'universo, o dentro, in una dimensione diversa. Se fosse fuori, di cui vi sarebbe, ragionevole intendimento, di ipotizzare ciò, la fine del mondo, sarebbe già sotto gli occhi di Dio o che sappia già il nostro fine. Per esempio, Egli muove lo sguardo da un lato all’altro dell’eternità e tutto è sotto il suo controllo.  
Il fatto che Gesù ha predetto la fine dei tempi, lascia pensare che sia la fine della terra e non la fine dell’universo, essendo che i corpi celesti saranno scrollati. Coinciderebbe, così, il riferimento di Giovanni 14, dove Gesù dice, … io vado a prepararvi il posto, rivelazione, che ci fa pensare che il nuovo luogo si  troverebbe dentro l’universo. Se esso fosse fuori dall’universo, il posto sarebbe collocato nello spazio eterno, fuori dall’universo temporale, di cui, si pensa che sia, dato che, vivremo con Dio.  L'ultimo giorno sarebbe, allora, la maturazione dei tempi stabiliti da Dio per la terra, ma rimarrebbe in incognito alla nostra conoscenza il fine dell’universo, se esso continuerebbe ad esistere o no. Se si vuole ipotizzare il regno di Dio, se sta dentro o fuori dell’universo, possiamo, a titolo interpretativo, esaminare alcuni eventi. Il fatto che Paolo, se fu con il corpo o fuori di esso, arrivò fino al terzo cielo, è da capire, cosa significa fino al terzo cielo. Se i cieli, fossero tre, egli sarebbe arrivato fino al terzo, come ultimo stadio. Se fossero più di tre, egli arrivò fino al terzo come altezza massima. Il tempo che egli abbia impiegato, per arrivare al terzo, se avesse oltrepassato l’universo, sarebbe comunque breve, avendo detto Paolo, fino al terzo che indicherebbe, che lo spostamento sia stato di breve tempo. Questo ragionamento, se pur fantastico, ci fa considerare che, essendo la fine del mondo reale, le predizioni di Gesù veraci, vero è il regno di Dio e la nostra futura presenza con Lui, comunque, questa fantastica interpretazione, sia stata esposta.  Matteo 28:20 insegnando loro di osservare tutte le cose che io vi ho comandate. Or ecco, io son con voi in ogni tempo, infino alla fine del mondo Amen.
Pace e fede nel Signore
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sabato 7 gennaio 2017

CHE COSA E' LA VERITA'




Secondo Pilato, sostenitore della mentalità sofistica del pensiero greco, la verità era soltanto di quanto tangibile e immediatamente fruibile si potesse sperimentare, cioè, conoscere la realtà di ciò che permette all’uomo di sopravvivere, come il vedere, il toccare, il pensare e così via. In effetti, la summa verità o verità universale sta al di sopra di quella terrena e non è identificabile dall’uomo. Egli, possiede solo la presunzione di conoscere la verità, quella che i suoi sensi avvertano e quella che l’esperienza gli manifesta. Tuttavia, se si supponesse che le capacità umane fossero sufficienti per qualificare la verità, esse non sarebbero capaci di leggere il tutto. Se la mente, nella sua capacità funzionale, può incamerare uno spazio pressoché infinito, nella sua elaborazione è limitata, perché il suo metro è collegato alla realtà terrena. Questa condizione pone l’uomo in uno stato di aberrazione, il quale, gli fa supporre di poter trovare la soluzione per identificare la verità, ma che in realtà potrebbe essere una verità distorta, pur esplicandosi come fondata. In realtà l'uomo non può identificare la verità perché essa è universale, altrimenti, egli avrebbe già trovato, per mezzo di essa, la pace nella sua vita o intendere il modo di fermare il tempo. Così, la verità, se si cerca di scoprirla nella sua intima forma, risulta indecifrabile, essendo che l’uomo non può leggere l'infinito. L’uomo, in ogni caso, ha bisogno del divino che gliela rivela. Anche nella situazione, ove Pilato, domanda cosa sia la verità, sorgono dei problemi cognitivi, poiché, nel chiedere il significato, di essa, pone la presunzione di credere che il pensiero razionale sia capace di intendere la piena natura della verità. Pilato, sentendo Gesù dichiarare, che la verità era in Lui, colse il momento per sapere esattamente cosa essa fosse. Giovanni 19:37 Allora Pilato gli disse: Ma dunque, sei tu re? Gesù rispose: Tu lo dici; sono re; io sono nato per questo, e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce. 38 Pilato gli disse: Che cos'è verità? Esaminando, ora, la domanda di Pilato, che cosa è la verità, ci chiediamo il perché Gesù non gli abbia risposto. Diciamo, prima di tutto, che l’interpretazione più accreditata, quella che Gesù, non fu interessato a spiegargli il significato della parola verità, poiché, il concetto era determinabile oggettivamente osservando la realtà del vero e del falso, largamente sperimentato nell’esperienza di vita dell’uomo, ma piuttosto, Gesù, di fronte a Pilato, Egli era, il soggetto della verità personificata, cioè, quando Gesù disse chiunque è della verità ascolta la mia voce, la sua persona e la sua voce ovvero, Egli stesso, era la verità vivente da conoscere e seguire, mentre, il significato oggettivo della verità di cui Pilato voleva sapere, poteva apprenderlo dalla esperienza di vita che già conosceva. La domanda corretta che Pilato avrebbe dovuto fare era questa: sei tu la verità come Egli disse prima a Gesù, sei tu re? Allora Gesù, gli avrebbe risposto, come nella domanda di prima, tu l’hai detto. Riflettendo a quanto Gesù ha detto, che la verità è in Lui, rivela che la verità divina non può essere compresa con gli strumenti della conoscenza terrena, essendo che essa accoglie in se tutti gli elementi di un’esistenza immune dagli attacchi di forze distorcenti, cioè è, di natura incorruttibile. La verità, quella che è in Gesù, operante sulla terra è quell’esperienza di comportamento che ci affranca dall’ira divina ma anche da quella umana. Pilato, nel domandare che cosa fosse la verità, mostrò la sua completa ignoranza spirituale e la non conoscenza della potenza divina di Gesù.
Considerando, ora, un altro aspetto, quello del lavarsi le mani, Pilato, credette di omettersi da un obbligo spinoso, che invece lo rese compartecipe di un concorso di colpa, di cui, già sua moglie, nel sogno, previde la gravità del giudizio che suo marito stava per affrontare. Tuttavia, Pilato, conobbe la verità vivente, in Gesù, quando ricevette la notizia dal soldato che gli riferì che Gesù era veramente il Figlio di Dio. Egli ebbe la conferma di quella verità vivente, di cui, inconsapevolmente voleva sapere, la quale, gli trasformò certamene la vita.      
Pace e fede nel Signore.