mercoledì 15 luglio 2020

PERCHE' GESU' PIANSE?

                        Il pianto di Gesù è una questione che è collegata contemporaneamente a due origini, quella divina e quella umana. Nulla avrebbe fatto pensare che Gesù, Creatore e Figlio di Dio, avendo in controllo tutto il creato e la stessa vita dell’uomo avesse potuto soffrire la debolezza di un comune mortale, quella di provare dolore di fronte a certe avversità dell’esistenza umana. Vero è che Gesù si è fatto uomo per assaporare le debolezze umane, quelle di un uomo integro e puro, ma difficile è capire come di fronte alla morte, essendo Egli superiore avesse lacrimato, almeno che, le sue lacrime fossero state assunte per l’esperienza umana, ma ciò contrasterebbe la sua natura divina. Resta allora concludere con una ipotesi razionale, che la sua natura umana fosse conforme a quella dell’uomo con tutte le sollecitudini del caso. Si fa questo riferimento per il fatto che, Gesù fu tentato da satana e resistette come uomo, mentre la persona divina lo sorreggeva. Resta il fatto che se guadiamo Gesù dal lato umano lo consideriamo un umile di cuore, se lo guardiamo come divino ci meraviglia il pianto come debolezza di assumere la potenza della vittoria umana. Partiamo a considerare per primo la persona divina. La Parola, seconda Persona di Dio, essendo il Creatore di tutto il visibile e dell’invisibile, non può assuefarsi a nessuna debolezza né tanto meno al pianto, sebbene, Dio, abbia dimostrato il suo carattere di pentimento, di dolore, di giustizia e di ira, come nel caso di Saul, quando ordinò la distruzione degli Amaleciti all’interdetto. Grave sarebbe, secondo alcuni pensatori, se il divino piangesse per un motivo ritenuto dall’uomo di profondo dolore, anche se fosse per un caso estremamente eccezionale. Diverso è il caso di Gesù quando operava sulla terra. Esaminando i casi, in cui, Gesù pianse in certe circostanze del suo ministero sulla terra, il suo pianto è da essere collegato alla sua relazione umana per il fatto che, in Gesù, si fondano due sentimenti straordinari quello della Parola incarnatosi nel momento della sua nascita, l’altro di se stesso come seme di Dio. Sul caso di Lazzaro, Gesù, come Parola, poteva controllare il pianto, come terreno, per il legame di amicizia sentì una forte commozione che lo portò a lacrimare. Gesù fu sensibile ai fatti e alle vicende che si susseguirono nel suo ministero, più di ogni altro uomo, per cui, ciò che Egli provava, era di gran lunga diverso e significatamene più profondo da quello che avrebbe provato un uomo comune. Giovanni 11:35 Dove l’avete posto? Gli dissero: Signore, vieni a vedere! Gesù scoppiò in pianto…. Tuttavia, vi sono circostanze, nei quali, Gesù esprime un pianto implicito non manifesto, per esempio, quando si addolora dello stato d’essere di Gerusalemme che non seguiva le vie del Signore. In quel caso, nel suo pianto soppresso, prevale la trasmissione del sentimento della delusione di Dio verso Gerusalemme che è trasmessa al cuore di Gesù.  Matteo 23:37 Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali e voi non avete voluto! In altra occasione Gesù piange con manifestazione di dolore universale prodotto dallo scopo del risultato della sua missione. Luca 19: 41- 42 Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace…. L’oggetto rilevante, per cui, Gesù pianse è riferibile alla non comprensione del popolo di Israele del significato della sua presenza ma ancora più grave della sua riluttanza di consideralo Figlio di Dio.  Facciamoci una domanda: Gesù, col pianto ha dimostrato debolezza ovvero consapevolezza della debolezza dell’uomo? Certamente per la seconda. La volontà di Gesù di scendere sulla terra per salvare l’uomo coincide con il suo pianto nel guardare il peso del peccato concretizzatosi con la morte scaduta sull’uomo, ma nello stesso tempo ci dice che non sarà più così; quindi, considera questo peso come unnico e giustifica l’uomo che lo sopporta.  La salvezza non è cosa da poco lo significa Dio stesso che ha dato il suo unigeno Figlio per il sacrificio della liberazione dalla morte. Tuttavia, il pianto di Gesù rimane un mistero, poiché, confonde l’uomo nell’interpretare il significato del rapporto tra uomo e divino con la stessa persona di Gesù. Rimane da considerare la verità di Gesù per il suo amore dichiarato verso la creatura e del suo unico sacrificio universale sopportato per concretizzare l’eternità nell’uomo di questa terra.   

Pace e fede nel Signore

 

giovedì 9 luglio 2020

PERCHE' L'UOMO GIUDICO' GESU' ?


        Una domanda che molti fanno è: perché Gesù, seconda Persona della Trinità, sceso sulla terra per salvare l’umanità, dopo avere insegnato nel Tempio le vie del Signore e istruito Nicodemo di cose altamente divine e, non per ultimo, ha giudicato la meretrice che stava per essere lapidata, alla fine del suo ministero possa essere stato giudicato, condannato e ucciso dall’uomo? Se Dio ha discusso con Abramo con linguaggio e sentimento umano, considerandolo amico, come può l’uomo comprendere il suo coinvolgimento a condannare Gesù? Bisogna dire, che se l’uomo avesse riconosciuto l’errore che stava commettendo uccidendo Gesù, il Figlio di Dio, avrebbe compreso il ministerio di Dio e se avesse compreso quest’ultimo, nel Giardino dell’Eden, non sarebbe caduto in peccato. Se da un lato si capisce che tutto è nelle mani di Dio, non si comprende il motivo della sua opera. Solo dai fatti possiamo dire che l’uomo è stato strumento di esecuzione di un progetto salvifico universale, di cui, Dio ha condannato la creatura per essere salvata dal suo amore per uno scopo che sta fuori da questo mondo. L’uomo è diventato, suo malgrado, giudice ed esecutore di un progetto divino che per ottenere la salvezza, ha dovuto uccidere un divino. Così, l’uomo si trova a disubbidire Dio nel Giardino ed è divenuto carnefice nel Golgota per riconoscere quando grande sia l‘amore di Dio da un lato e dall’altro quanto grave sia stato il suo errore di avere giudicato il Divino senza essere giudice. Il suo giudizio è stato tenebroso come la notte, nella quale, l’uomo non ha saputo vedere Dio né le sue opere. Cosa potrebbe dire l’uomo per giustificare il suo errore? Non può affermare nulla, essendo che, Gesù non ha fatto alcun dibattimento in sua difesa, lascando all’uomo la decisione sui fatti e i miracoli eseguiti, che sono state le prove più vere di quanto l’uomo avrebbe potuto dire. L’uomo ha parlato con menzogna per condannare Gesù il Giusto. Ma questa menzogna l’uomo cerca di coprirla con un balsamo di pentimento: Romani 3:7 Ma se per la mia menzogna la verità di Dio risplende per sua gloria, perché dunque sono ancora giudicato come peccatore? In questi versi, si nota una certa ipocrisia ed una insistenza giustificativa. Vero è che per la nostra menzogna risplende di più la gloria di Dio ma errore sarebbe mettere a nudo la debolezza e la fallacità dell’uomo per giustificare la richiesta del perdono.  In quel giudizio umano contro il divino l’uomo, per la sua netta debolezza e limitata visione di pensiero è stato oggetto esecutore di operare un giudizio mortale a Gesù in carne ma mai fu a Gesù Parola. Chiaro è che la creatura è diventata per un attimo cieca per non avere visto la grazia di Dio e temeraria per non avere considerato la potenza delle opere di Gesù Figlio di Dio sulla terra.  Se l’uomo si dovesse dare gloria, ricordiamo che gloria non ha, anzi l’uomo ha mostrato la sua completa cecità in un momento in cui doveva vedere la presenza di Dio. L’uomo, dicendo di conoscere le vie della ragionevolezza, non è nel vero e se poi implora il perdono di Dio è uno stolto. Tuttavia, se alla colpevolezza dell’uomo possa essere attribuita una scusante, Dio, l’ha già data con la salvezza ma ora resta necessaria una profonda consapevolezza di riconoscere il grande dono universale ricevuto. Ecco la discriminante che ci fa favore di fronte al giudizio di Gesù, che questa volta è Lui solo a giudicare e condannare l’uomo e il mondo. Dobbiamo ora cercare di capire il perché Dio ha permesso all’uomo di giudicare Gesù, suo unico diletto Figlio anziché salvare l’umanità solo con un comando della Parola. Diciamo che Dio è immutabile nelle sue promesse e in virtù di tale principio, le condanne date ad Eva e a Adamo sono da interpretarle perpetue, cioè a tempo indeterminato finché esiste l’uomo sulla terra. Per annullare la condanna perpetua il sacrificio umano non sarebbe stato sufficiente ma era necessario un sacrificio divino per abolire una legge eterna. Così Dio ha mandato Gesù per suburre il sacrifico ai fini di annullare la morte. Ne deriva che, essendo Gesù, in carne, il giudice, per determinatezza è stato un uomo. Questo è quanto con azzardo si possa comprendere dei motivi della discesa di Gesù sulla terra. Ma se alcuni facessero la domanda, come mai, Dio, che sa ogni cosa non ha preveduto che accadesse il peccato dell’uomo? Secondo alcuni studiosi, l’uomo nel conoscere il bene e il male, doveva anche conoscere gli effetti del male, cioè, la conseguenza della condanna di morte. Egli non l’avrebbe mai compresa senza l’esempio di Cristo.   

Pace e fede nel Signore