giovedì 22 aprile 2021

GESU' LAVA I PIEDI AGLI APOSTOLI

                 Prima della festa della Pasqua, Gesù, mentre cenava con i suoi apostoli decise di lavare loro i piedi. Un cerimoniale incomprensibile e forse non appropriato al momento della cena. Pietro ne fu sbalordito che decisamente rifiutò di essere lavato dal Maestro. Gesù gli rispose: Giovanni 13:7 Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo. Questa frase si evolve in due componenti, una riferita al fatto presente e una ad un avvenimento futuro. Quella presente è quella che Gesù spiega sui motivi della cerimonia del lavaggio: verso 15. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. Da questa dimostrazione è chiaro che se, Gesù, Signore, ha lavato i piedi agli apostoli assumendo la posizione di servo, anche gli apostoli avrebbero dovuto fare la stessa cosa di lavare i piedi l’uno agli altri, come segno di umiltà e ricordanza del Signore Gesù, il quale, si è abbassato al livello di servo.  Se questa istruzione possa essere intesa, come il servo che non è più del suo maestro, arduo è capire a che cosa alludesse quando, Gesù, disse a Pietro, “lo capirai dopo” cioè, in seguito.  L’azione del lavare i piedi, oltre al significato rivelato da Gesù, in quel momento, cosa altro avrebbero significate le parole, lo capirai dopo? C’era altro che Pietro avrebbe dovuto sapere dopo? Certamente se fosse stato Pietro che avrebbe dovuto sapere dopo, quel dopo, si sarebbe riferito anche a tutti gli apostoli. Quale potrebbe essere, allora, questo, dopo, collegato alla lavanda dei piedi? Questo è un problema che nelle ipotesi della lettera e con l’aiuto di Dio, cerchiamo di capirlo. Diciamo che, Gesù, alla fine del percorso del suo ministero, conclusesi con l’ultima cena, la lavanda ai piedi si potrebbe alludere, in modo allegorico del rinfrescare i piedi, con l'uso dei viandanti che al termine del loro viaggio, veniva loro permesso, anche tramite dei servi, di lavarsi i piedi. Quindi, il lungo cammino degli apostoli, durante il ministero di Gesù, avrebbe potuto dare adito a questo riferimento, sopra descritto dei viandanti. Vi sarebbe, comunque, un altro riferimento allegorico che la mente umana potrebbe includere nella visione della lavanda ai piedi degli apostoli. La lavanda ai piedi, potendosi riferire anche alla nitidezza dei piedi, come purezza ai basamenti del corpo umano per sopportarlo meglio e, quindi, collegati alla sicurezza potenziale delle dodici basamenti della nuova Gerusalemme, che rappresentano gli apostoli. Apocalisse 21:14 Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello. Così, Gesù rese netti i piedi degli apostoli, cioè, le basi dei futuri basamenti della città celeste e, prima della sua ascesa, li ha pure purificati con lo Spirito Santo. Gli apostoli sarebbero stati le dodici fondamenta purificate della città celeste e collaboratori della missione di Cristo sulla terra. Questa interpretazione sembra di avere un punto in comune tra l’ultimo atto di Gesù, di pulire i piedi, nell’ultima cena e le fondamenta della città celeste. Gli apostoli restano esempio di tenacia della cooperazione del ministero di Gesù sulla terra e come fermezza e salvaguardia del popolo nella città celeste. Dobbiamo anche dire che la donna che lavò i piedi di Gesù, a sua volta, rappresenta la chiesa, che ha lavato per prima i piedi di Gesù e li ha profumati con collirio di grande valore, degno del Figlio di Dio. L’umanità si piega ai piedi di Gesù mostrando umiltà e rispetto per l’opera universale fatta da Gesù Salvatore, per la salvezza. L’uomo ricorderà sempre il sacrificio di Cristo. Per questo, la donna, come chiesa e servitrice, integra e reverente, ha lavato i piedi di Gesù, degno di lode e magnificenza infinita.

Pace e fede nel Signore   

 

lunedì 5 aprile 2021

SULLA CROCE O SULLA NUVOLA

 

         Luca 24:51 Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Grande e stupefacente fu l’ascesa di Gesù in cielo davanti al mondo che suscita meraviglia ai cuori degli uomini fino a oggi e lo farà fino al suo ritorno. Dal momento della resurrezione di Gesù, solo alla fine del primo secolo, sono state ispirate i Vangeli agli apostoli (2 Timoteo 3:16). La chiesa ha cominciato a dare, da allora, nei diversi concili, una interpretazione e un ordine di insegnamento che vale fino ai giorni nostri. Stranamente, ci accorgiamo che i fatti biblici vengono narrati con poca fedeltà alle Sacre Scritture e spesso vengono inculcati a proprio interesse. Quello che suscita la necessità di un chiarimento sarebbe, a nostro avviso a torto o a ragione, il fatto che si dia troppa enfasi alla commiserazione di Gesù nel momento della crocifissione. Si deve ricordare che non è solo importante la narrazione dell’universale evento sacrificale di Gesù, fatto sulla croce, ripetuto dalla chiesa, con grande partecipazione di dolore, del continuo,  ma più rilevante e quanto mai di più grande valore morale e di consapevolezza divina, sarebbe quello di dare più enfasi alla sua resurrezione, al suo soggiorno tra gli apostoli, alla sua partecipazione alla mensa o all’incontro con Tommaso e in special modo, al suo divino distacco, da questa terra, mentre saliva in cielo.  Se si continua a dare più attenzione o sguardo alla croce, che appartiene alla terra, rischiamo di tralasciare la nuvola che portò Gesù in cielo, che appartiene al divino. Cieco sarebbe l’uomo se guardasse solo Gesù in croce, poiché, non vi sarebbe speranza per l’uomo, essendo che, immagineremmo un Dio che sia morto sacrificato in croce e, quindi, vi sarebbe indirettamente la vincita di satana su Gesù e, questo non corrisponderebbe ai piani di Dio che, invece, portano alla vittoria di Gesù e alla salvezza dell’uomo. Bene è ricordare Gesù sulla croce, ma ancora meglio sarebbe se l’uomo si soffermasse di più alla sua permanenza sulla terra, dopo la sua resurrezione e alla sua divina ed universale ascesa al cielo, allora, il cuore degli uomini sarebbe gioioso della presenza di Gesù e del suo prossimo ritorno. L’umanità avrebbe più coraggio e l’aspettanza più leggera, invece che recitare con improvvisazioni di sofferenza e dolore la crocifissione, poiché, con queste scene si crea indirettamente un soggetto più umano che divino. Gesù, deve essere solo lodato e magnificato. Questa erronea tendenza assidua, di rappresentare Gesù, straziato e ucciso sulla croce, in questi tempi, è così assillante che può creare detrimento alla fede, facendo nascere critiche inopportune sulla esistenza e, per fino, sulla santità di Gesù, come già avviene. L’uomo non si dimentichi che dopo aver presentato la  crocifissione deve ricordare la resurrezione e l’esistenza reale, in carne, di Gesù tra i suoi apostoli e tra i suoi discepoli. Egli, ha parlato con loro nella pienezza della esistenza terrena come tutti noi. Egli vive e non è rimasto in croce. Noi, siamo rimasti ai piedi del legno per chiedere pietà del nostro meschino pensare e del grande errore fatto. Non abbiamo più nessun potere ne permesso di rappresentare Gesù morto. Egli è il vivente e che il suo regno non avrà mai fine. Tutti quelli che non lo hanno accettato piangeranno per non avere capito nulla della sua missione né del significato della salvezza. La croce, oltre a rappresentare il sacrifico di Gesù, la dobbiamo vedere come la spada che ha trafitto il cuore di satana. E’ lì che Gesù ha vinto e ha salvato tutti e poi è ritornato vivente in mezzo a noi. Quest’ultima fase deve rimanere più forte nel nostro cuore.

Pace e fede nel Signore