giovedì 4 settembre 2025

NEL PRINCIPIO Approfondimento

 


Giovanni 1:1 Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Uno dei più discussi versi delle Sacre Scritture che l’uomo non riesce a decifrare e che lasciano nel cuore tanto mistero e tanta angoscia di percepire l’ignoto come un buio assoluto e la distanza siderale dalla sapienza di Dio. Tuttavia, chiediamo a Dio che ci conceda un po' di conoscenza più di ieri per oltrepassare il limite della realtà materiale e immetterci nell’invisibile trascendentale e provare a ragionare come gli angeli.  Cominciamo a dire che se nel principio era la Parola, in quel preciso momento era, poco prima o molto prima Dio. Non vi è cronologia Dio sempre è. Per il fatto che la Parola si sia unita appo Dio, sorgono due questioni: che Dio fosse il cervello con la piena capacità di creare il creato e la Parola che fosse stata lo strumento che avrebbe fatto vibrare la voce di comando di Dio, necessaria per l’evento creativo e, quindi, insieme diventano Dio nella sua identità complessa e unica e assoluta dell’esistenza sul nulla e sovrano del tutto.  Ma come sia stato possibile che Dio avrebbe avuto bisogno della Parola per creare?  Questo è un problema, poiché non riusciamo a comprendere nemmeno la posizione dello Spirito Santo se fosse stato già con Dio. La lettura non specificando l’evento dello Spirito Santo con Dio, ci fa comprendere che era con Dio. Quindi Dio e Spirito Santo erano già una sola identità divina esistente in uno spazio chiamato Regno di Dio. La Parola può essere stata generata dal pensiero di Dio e quindi da Dio, essendo l’unica identità esistente prima della Parola. Essa essendo generata, diventa parte di Dio perché della stessa sostanza. Ecco che si è formato Dio nella sua misteriosa Trinità, pronta ad assumere la volontà come cervello che comanda alle labbra di parlare con voce umana. Questo ci ricorda che Dio avendo dato all’uomo la sua immagine, Dio ha le stesse labbra dell’uomo, così pure le mani e tutto il corpo ma in spirito. Quando Dio scrisse con la sua mano le tavole della legge nel monte Sinai, di fronte a Mosè, Dio o l’Angelo del Signore era presente ma invisibile.  Sulla seconda frase, la Parola era Dio, non possiamo altro pensare che Dio si sia impersonato con la Parola, per fatto che parlando la Parola era come se parlasse Dio stesso, la Parola trasmette il pensiero e la volontà di Dio in suoni e parole. Ma come ha fatto la Parola a scendere e assumere un corpo umano sulla terra?  Gesù seme di Dio è stato l’unico a riceverla dentro in suo corpo ma in parte, essendo che la Trinità è sempre unita a Dio. Una prova che la Parola riceve il comando dal cervello di Dio la possiamo capire quando a Gesù gli fu chiesto il giorno della fine del mondo e Gesù ha risposto che nessuno lo sa ma solo Dio. Da questo intendiamo che Dio come Cervello deciderà e quando deciderà lo trasmetterà alla Parola, cioè alle labbra di se stesso, che parleranno come Parola, terza identità di Dio.

Pace e fede nel Signore                                                                                                                                                                                                                                                                   

 

sabato 23 agosto 2025

LE DUE BARCHE

 

 

Gesù, da due barche senza pescato, arricchisce i pescatori delusi con la pesca più ricca che abbiano mai fatto. Luca 5:2 Gesù vide due barche ferme a riva: da esse i pescatori erano smontati e lavavano le reti. Per prima cosa Gesù, chiede a Simone di farlo salire e spostare la barca un po' dalla riva, poi cominciò a parlare alla folla del regno di Dio. Questo è stato un momento straordinario ove lo Spirito di Dio ha toccato i cuori dei presenti ad ascoltare il messaggio di Gesù come rivelazione del segreto della nostra vita che fa capo a Dio. Finito il discorso, Gesù disse a Simone di prendere il largo e gettare di nuovo le reti. Se il comando di Gesù fu ritenuto impossibile da verificarsi, lo stesso Simone ubbidì totalmente alle parole di Gesù con una singolare sottomissione: Maestro, tutta la notte ci siamo affaticati, e non abbiamo preso nulla; però, secondo la tua parola, getterò le reti. Simone esprime il suo assoggettamento al comando perché la fama di Gesù si era sparsa per tutta la regione, essendo che, Gesù insegnava nelle sinagoghe, glorificato da tutti. Così Simone buttò la rete dove aveva indicato Gesù. E, fatto questo, Simone e i suoi compagni di barca presero una tal quantità di pesci, che le reti si rompevano. Luca 5:7 Allora fecero segno ai loro compagni dell'altra barca, di venire ad aiutarli. Quelli vennero e riempirono tutt'e due le barche, tanto che affondavano. Si nota, che in quel momento, la modestia del cuore di Pietro fu singolare nel dire: Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore. Una così umile risposta da discriminare sé stesso dalla grazia di Gesù rese Simone un uomo leale, di grande fede e con un profondo senso di altruismo che lo alzò ai valori della riconoscenza da far muovere l’amore di Gesù e costituirlo apostolo. Questa è stata l’efficacia della grazia che arrivò a Simone ma anche agli altri pescatori della barca vuota che si sono convertiti rappresentarono il mondo che si convertirà a Gesù. Pietro spogliando se tesso dall’egoismo e dalla superbia manda un messaggio agli uomini di imitarlo a credere la potenza di Gesù e di seguire il suo esempio e riconoscere il suo amore. Così, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone assistettero alla discussione di Gesù e alla riposta di Pietro.  Gesù disse a Simone: Non temere, d'ora in poi sarai pescatore di uomini. 11 Ed essi, tratte le barche a terra, lasciarono ogni cosa e lo seguirono.  Queste tre persone che Gesù li fece apostoli del suo ministero, lasciando il loro lavoro si son portati le loro famiglie come determinati a cambiare vita. Avendo abbandonato il rapporto terreno i tre uomini si accinsero ad iniziare quello divino. Sentirono che in Gesù vi era una identità diversa da tutti gli altri e che le sue parole erano di conforto oltre il terreno che infondevano certezza della conoscenza del futuro.  Per questo Pietro lo chiamò Maestro essendo che, quello che aveva sentito dire di Gesù fu come un miracolo di averlo avuto davanti. Non ebbero nessun dubbio di lasciare tutto il loro mondo. Furono come presi da una potenza superiore sconosciuta per seguire il Maestro, totalmente convinti di avere incontrato la verità della vita con tutto il suo segreto.    

Pace e fede nel Signore             

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

martedì 12 agosto 2025

LA TRAGEDIA DI GIUDA

 


 

Due circostanze che suscitano incomprensione e stupore sulla condotta di Giuda: uno, quello che un apostolo abbia deciso di tradire Gesù e l’altro della straordinaria e decisa condanna che ha dato Gesù a Giuda, senza possibilità di pentimento. Questo tradimento potrebbe essere inteso come improprio o sopravvenuto che sfugge dalla logica procedurale del ministero di Gesù. Nei fatti di questa vicenda vi sono alcune peculiarità di comportamento che coinvolgono i sacerdoti e lo stesso Giuda. Matteo 27:4 dicendo: Ho peccato, tradendo il sangue innocente. Ma essi dissero: Che c'importa? Pensaci tu. Se da un lato Giuda, avendo capito di avere peccato contro Gesù e contro Dio, si è recato dai sacerdoti per restituire il denaro, dall’altro ha pensato che con quell’atto avrebbe potuto alleviare la sua colpa. Tuttavia, nel momento in cui ha detto ai sacerdoti di avere peccato e di volere restituire il denaro, si è trovato a ricevere una altrettante devastante risposta negativa che sa molto di blasfemia: Che c'importa?  Con questa frase, i sacerdoti e gli anziani, sapendo che il sangue dell’innocente si riferiva a Gesù lo hanno ignorato come pure Dio, incolpandosi indirettamente di blasfemia. Dalla dottrina che Giuda aveva acquisito da Gesù, capì che la risposta dei sacerdoti non era altro che una bestemmia proferita temerariamente che lo scandalizzò nell’intimo della sua pur esistente fedeltà a Gesù. È qui che Giuda perde ogni speranza di essere perdonato, poiché, oltre la maledizione di Gesù ha avuto quella degli uomini. La sua speranza di vita cessò di esistere e, avendo provato di trovare un appiglio nella misericordia degli uomini senza trovarla, decise di impiccarsi. Andiamo ad esaminare ora il comportamento dei sacerdoti. Se da un lato hanno rifiutato il ritorno dei venti sicli d’argento, mostrando una non responsabilità del tradimento, dall’arto si sono resi parte del fatto reo di Giuda, quando si sono inchinati a raccogliere i sicli. Essi non si sono vergognati di accettare denaro riciclato di sangue. Con questo gesto sono divenuti parte attiva del tradimento pur decidendo, come modo di scagionarsi, di spendere quel denaro per comprare un campo.  Matteo 27:7 E, tenuto consiglio, comprarono con quel denaro il campo del vasaio perché servisse per la sepoltura degli stranieri.  In altri termini, i sacerdoti hanno fatto un affare del denaro, maledetto scagliato contro di essi da Giuda arrabbiato, per il respingimento dell’accettazione dei sicli come pagamento di un tradimento verso un innocente. I sacerdoti si sono, a nostro parere, resi rei, restando quella di Giuda di più grave colpa, di avere tramato e raggirato Gesù, facendogli capire un eventuale assenso di favore pecuniario extragiudiziale, che abbia fatto intendere a Giuda di potere tentare un accordo infame. Quindi, la condotta dei sacerdoti non è da essere esclusa dal tradimento, anzi si potrebbe pensare che essi siano stati la parte motrice subdola che ha creato l’evento delittuoso. Con questo non si vuole dare a Giuda alcun che di giustificazione, poiché, egli ha infranto la fede e poi la fiducia che Gesù gli aveva dato. Egli ha tradito pur sapendo di tradire e questo atteggiamento Dio lo punisce con la morte, riferito al raggiro che ha fatto a Gesù.

Pace e fede nel Signore